martedì 20 dicembre 2011

La stanza della duchessa

Quello che segue è un racconto che ho scritto per partecipare a un concorso letterario. Le regole sono: un racconto dal titolo "La Stanza della Duchessa", della lunghezza massima di 3.600 caratteri, che contenga un riferimento alle scarpe (lo sponsor è il Museo della Calzatura di Vigevano). Il racconto dev'essere inedito, ma ne è ammessa la pubblicazione sul proprio blog. E allora, eccolo qua. La versione seguente è un po' più lunga di quella che invierò per il concorso (ho dovuto ridurre il testo per rientrare nel limite delle 3.600 battute).
Aggiornamento (25 febbraio 2012): pubblico qui di seguito la versione che ha partecipato al concorso (e che non ha vinto). La versione lunga, invece, la potete leggere su Evulon.


La notte del 7 gennaio 1463, a Parigi, dopo l'ora del coprifuoco, un uomo percorreva a grandi passi la rue Saint-Jacques deserta, diretto verso la Senna.
Era magro e allampanato, piuttosto malmesso. Portava una voluminosa borsa e, in più, teneva sotto il braccio un fardello malamente avvolto in un panno. Faceva molto freddo.
Giunto nei pressi del Petit Pont, l'uomo si fermò sotto una finestra, raccolse della ghiaia e la gettò contro i battenti. Poi chiamò con voce smorzata: "Margot! Aprimi!"
All'interno una candela si accese. L'uscio si aprì e una voce femminile mormorò: "Villon? Sei tu?"
"No, sono il re d'Inghilterra. Sei sola?"
"Sì. Stanotte non ho clienti".
"Allora dai, fammi entrare, o domattina uscendo mi troverai qui stecchito come un'aringa!"
"Grazie al cielo! Allora ti hanno scarcerato", disse Margot, guidando il suo amico su per la scala del modesto alloggio.
"Già" rispose lui, "la Suprema Corte ha accolto il mio appello. Per stavolta non finirò sulla forca. Però..."
Si interruppe, osservando con aria incerta Margot la quale, nel frattempo, si era seduta sul bordo del letto a due piazze che occupava quasi interamente la stanza.
"Come, per stavolta?" disse la ragazza. "In che altri guai ti vorresti cacciare? Siediti invece, e fammi vedere cosa c'è nel fagotto che hai portato. Un regalo per me, vero?"
François si accomodò accanto a Margot e srotolò il panno, che conteneva un paio di eleganti sandali di pelle dal tacco alto.
"Dove li hai comprati?" disse lei, sorridendo deliziata.
"Sono scarpe italiane" disse lui. "Erano sulla bancarella di un mercante lombardo, alle Halles. Non è che le ho proprio comprate. Mi sono detto: queste sono per la mia Margot! Allora mi sono avvicinato di soppiatto e..."
La donna lo zittì con un bacio. Poi spense la candela.
Intanto, fuori, iniziava a nevicare.

Quando François si svegliò (era mattina inoltrata), per prima cosa vide Margot che stava disegnando con un carboncino sul retro di un manoscritto.
"Scusa", disse Margot, "mi serviva un foglio e ho visto che la tua borsa ne era piena. E' il tuo ritratto", disse porgendo il foglio a François. "C'era scritto qualcosa di importante?"
"No", disse lui. "E' una stanza della ballata che scrissi cinque anni fa per la duchessa d'Orléans. Ma era una brutta poesia. Il tuo disegno, invece, è molto bello. Conservalo, te ne prego".
"Allora è deciso! Io la duchessa, tu il duca, e questo sarà il nostro castello!"
"Margot, ti devo dire una cosa. I giudici hanno annullato la mia condanna a morte, è vero. Però mi hanno bandito da Parigi".
La donna si avvicinò alla finestra e guardò fuori. Era tutto ricoperto di neve. "Per quanto tempo?", disse.
"Dieci anni. Devo lasciare la città entro oggi".
Margot si volse e, guardando François dritto negli occhi, disse: "Vengo con te".
Lui scese dal letto. Raggiunse Margot, che era in piedi davanti alla finestra. C'era il sole, e il riverbero illuminava i capelli di lei. Sempre guardandola negli occhi, François prese fra le sue le mani di Margot.
"Andremo in Italia", disse François. "Laggiù ci sono città accoglienti e ben governate, rette da leggi giuste. L'arte e la poesia sono onorate e apprezzate. Quello è il posto per noi! Potremmo andare a Firenze da Cosimo de' Medici, o anche a Napoli, da re Ferdinando. Oppure nel Ducato di Milano, da Francesco Sforza: mi hanno detto che lì si vive bene. Partiamo adesso!"
"Sì. E quando questa neve si sarà sciolta, noi saremo già lontano", disse Margot.

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