martedì 26 aprile 2011

Adagio in sol minore

Roma, giugno 1984.

Una folla immensa e silenziosa riempie il centro della città. Un milione di persone, venute da tutta Italia per rendere l'ultimo saluto al segretario nazionale, abbattuto da un ictus durante un comizio. Piazza San Giovanni è troppo piccola. Le bandiere rosse sventolano nel sole, ovunque. Molti piangono.

Mentre il feretro esce dalla sede del partito, un sistema di altoparlanti inizia a diffondere una musica lamentosa, straziante.

L'Adagio di Albinoni.


Venezia, febbraio 1958.

Il freddo umido entra nelle ossa. Due uomini passeggiano lungo le Fondamenta della Misericordia, in mezzo a una fitta nebbia.

"Cusa l'è 'sta spüssa?"

Quello che ha parlato si chiama Mario e viene da Milano.

L'altro è il musicologo Andrea Mocenigo. "Quest'odore - risponde pazientemente all'amico - è l'acqua bassa. Ritirandosi, lascia scoperti i detriti sul fondo del canale. Dopo un po' ci fai l'abitudine".

"Va beh, Andrea, ma che schifo. Cià, mettiamoci al chiuso, ti offro un camparino".

Entrarono in un caffé e si sedettero. "Allora, camerata" disse Mario. "Parlami un po' delle tue ricerche".

Andrea lanciò una rapida occhiata intorno, per accertarsi che nessuno avesse sentito l'appellativo rivoltogli da Mario. Poi rispose: "Se vuoi parlare di politica, andiamo in un altro posto. Qui non è zona nostra". Gli sembrava che, da dietro il bancone, il barista li stesse già guardando male.

"Tranquillo. Niente politica. Sono venuto a Venezia solo per affari. E per rivedere qualche vecchio... amico. Lavoro per casa Ricordi, come sai. Nel tuo caso, unisco l'utile al dilettevole. Saremmo contenti di riaverti come collaboratore. Qualcuno ancora ha presente quel tuo strepitoso articolo del '40, come s'intitolava? L'arte di Verdi nell'era fascista. Poter pubblicare ancora delle robe così..."

"Altri tempi", disse Andrea.

"Altri tempi, già" concordò Mario. "Ma torneranno, torneranno, te l'assicuro... Veniamo a noi. Mi hai scritto di avere delle novità clamorose, no? E alura, tira fuori il rospo".

"No, no", Mocenigo mise le mani avanti. "Andiamoci piano. Novità grosse ancora non ne ho. Continuo a lavorare alla monografia su Vivaldi. Sarà pronta fra un anno o due. E poi c'è l'edizione delle opere di Albinoni, di cui ti ho scritto..."

"Ah, che meraviglia!" lo interruppe Mario. "Come t'invidio! Il barocco... Immergersi in quell'epoca dorata. Allora sì che regnava l'ordine: i re erano re, i nobili erano nobili, e la plebe era plebe! Ognuno al suo posto. Onore, fedeltà e disciplina! Non questa cosiddetta repubblica che c'è oggi, dove anche i figli degli operai vogliono diventare dottori. Per me un Campari e soda, tu cosa prendi?"

Era arrivata la cameriera a raccogliere le ordinazioni. Tornò poco dopo con le bevande. Mario le si rivolse ora con fare mellifluo. "Ma dica, signorina, cosa fa, lei, dopo il lavoro? Se vuole, passo a prenderla. Io sto all'Hotel Silva, ha presente? Vicino piazza San Marco. Un posto di gran lusso, sa? C'è una bellissima buvette, e si potrebbe bere insieme una flûte di champagne d'annata..."

La ragazza non rispose. Lasciò i due aperitivi sul tavolino, e si allontanò mormorando "Ma va' in mona".

"Bella gnocca, eh?" ammiccò Mario al suo amico. "Cos'è che ha detto?"

Andrea ridacchiò. "A una fanciulla / un vecchio come lei non può far nulla. Ecco cosa ti ha detto", rispose.

Mario si rabbuiò. "Lascia perdere il Mozart, quel pirlotto. Solo lui poteva farsi infinocchiare da un depravato ebreo come Da Ponte, al punto da mettere in musica versi così immorali. Se oggi non c'è più religione, è anche per colpa di gente come loro. Ma mi stavi dicendo di Albinoni. Continua".

"Ecco, mi sono immerso nella materia, come dici tu. E sai com'è, mi sono talmente immedesimato... che ho composto un pezzo. Un omaggio, un tributo, chiamalo come vuoi. Un breve adagio, per archi e organo, nello stile di Albinoni. Volevo fartelo leggere. Ecco, ce l'ho qui con me". Mocenigo si chinò, estrasse una partitura manoscritta dalla ventiquattrore e la porse a Mario.

Mario lesse con attenzione. Poi restituì la partitura ad Andrea.

"Allora?" chiese Andrea.

"Allora niente", rispose Mario. "E' bellissimo. E' un capolavoro. Lo pubblichiamo senz'altro. Però, guarda che ti sbagli. Non l'hai scritto tu, questo Adagio".

"No?" disse Andrea, stupito.

"No. Questo è un adagio inedito di Tomaso Albinoni, che faceva parte dei manoscritti del compositore, già conservati alla biblioteca di Dresda, e che tu hai fortunosamente scoperto. Come sappiamo, la biblioteca fu distrutta tredici anni fa, da un criminale bombardamento aereo angloamericano. Pochi, miseri frammenti sono scampati allo scempio, ritrovati fra le macerie. Da essi, tu hai sapientemente ricostruito questo Adagio, che ora sarà restituito alla riverente e commossa ammirazione del pubblico, quale ultima testimonianza di un'epoca di splendore ingiustamente tramontata. Spiegherai tutto nella prefazione alla partitura. Ah, tra parentesi: non preoccuparti per i diritti di copyright. Spetteranno a te, in qualità di arrangiatore. Prevedo che te ne verranno un bel po' di dané".

Andrea Mocenigo rimase senza parole. Poi balbettò: "Ma... ma sarebbe un falso bello e buono! Scusa, chi vuoi che ci creda? E quella roba, che secondo te dovrei scrivere: il 'criminale bombardamento alleato' e via dicendo! Come se la Luftwaffe, invece, sganciasse mazzi di fiori. No, mi rideranno in faccia. Non si può fare, mi spiace".

"Da che parte stai?", chiese Mario, gelido.

"Dalla tua! Ma scusami ancora, Mario. Non ti posso seguire in quello che mi proponi. Non siamo più nel 1940. C'è stata la guerra. L'occupazione tedesca, la gente se la ricorda bene, e oggi come oggi non gli puoi raccontare una storia in cui noi camerati figuriamo come le povere vittime. Senza contare che sarebbe una storia falsa, e prima o poi si verrà a sapere, e allora che figura ci faccio?"

Mario sospirò. Bevve un sorso del suo aperitivo, poi si appoggiò allo schienale. "Senti, Andrea" disse. "La nostra battaglia non comincia e non finisce oggi. Devi capire che noi lavoriamo per il lontano futuro. Hai detto bene: oggi, la gente non è bendisposta verso di noi. Per creare il Nuovo Ordine, il Reich Millenario, abbiamo dovuto procedere con estrema durezza. E, per ora, siamo stati sconfitti. Ma fra venti, trenta o quarant'anni, quando saranno scomparsi coloro che oggi ricordano certi... spiacevoli inconvenienti, allora la nostra Idea tornerà ad affascinare i popoli. Fino ad allora, si tratta di guadagnare terreno, a poco a poco, tenacemente. Partendo anche dai dettagli. E poi, il bombardamento di Dresda c'è stato per davvero, no? Cominciamo col dirlo".

"Sì, ma la storia dell'Adagio trovato fra le macerie è una balla", rispose Andrea.

Mario si spazientì. "Balla, non balla! Chi se ne frega! La verità è ciò che riesci a far passare per tale. Tu offri al pubblico una musica seducente e ben scritta, condita da una storia romantica. Vedrai che ti crederanno. Populus vult decipi, caro mio. Et decipiatur! Il popolo vuole essere ingannato. E allora, lo si inganni! E comunque" continuò Mario "se vuoi pubblicare con noi, queste sono le condizioni. E adesso usciamo, ché mi son rotto gli zebedei a stare qui".

All'uscita del locale, Mario e Andrea furono circondati da una torma di ragazzini in maschera, che improvvisarono un girotondo, e che se ne andarono solo quando Andrea, ridendo, ebbe dato loro qualche monetina. Mario, intanto, ostentava la più completa indifferenza.

"Ma tu dici che l'Adagio piacerà? Non somiglia troppo a Mascagni?", chiese Andrea.

"Ma va là! Il tuo è barocco purissimo, te lo dico io. Farà furore. Suonerà come le campane a morto, contro la robaccia negroide-bolscevica che va di moda oggi. E comunque, Mascagni era dei nostri anca lü".

Si allontanarono nella nebbia, mentre il puzzo di fogna si faceva sempre più forte.

(Pubblicato su Evulon il 21 aprile 2011. Nell'immagine: il bombardamento di Guernica del 26 aprile 1937. Fotografia tratta dalla pagina che ho linkato sopra).

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